Questo semplice ed elegante edificio ha ad est un corridoio di accesso, il criptoportico che conserva in parte il pavimento in mosaico bianco decorato da quadrati di tessere colorate nei toni del verde e del giallo.
Da esso si scende con alcuni gradini nel portico, che non aveva colonne ma pilastri scanalati che sostengono un fregio dorico, da cui il suo nome; sono stati rialzati e restaurati negli anni '50.
Un frammento di quello stesso fregio dorico si vede anche a Tivoli in piazza Palatina, riadoperato per decorare il palazzo Boschi-Del Re (vedi bibliografia).
Il portico è pavimentato in opus sectile anche nella parte centrale, il che fa supporre che fosse coperto da un tetto.
Sul lato opposto del portico si apre il vasto ambiente (PD7), pavimentato in opus sectile del quale rimangono in situ alcune lastre originali di marmo cipollino.
Le pareti erano completamente rivestite di marmi preziosi, con grandi specchiature rettangolari nelle quali dovevano essere sistemati dei rilievi; restano solo i fori per le grappe, che fissavano al muro i pannelli marmorei.
La sala è fiancheggiata da quattro ambienti simmetrici rettangolari allungati, alcuni dei quali sono usati come depositi dei marmi di scavo.
La sala PD7 si apre su un grande giardino scenografico, che aveva in fondo un’abside con nicchie ed un basamento per un statua al centro. Intorno girava un portico (PD10), pavimentato in mosaico bianco con frammenti di marmi colorati, che imita quello di epoca repubblicana visibile nel portico del vicino Palazzo Imperiale.
Per lungo tempo l'edificio è stato chiamato Sala del Trono, per la presenza del basamento nell'abside del giardino, quindi l'ipotesi è priva di fondamento perché una sala del trono non può essere all'aperto.
Tale funzione può essere invece attribuita alla Sala dei Filosofi, che era molto più grande e monumentale, e riccamente decorata in porfido rosso, pietra-simbolo del potere imperiale.
L'Edificio con Pilastri Dorici serviva invece come 'cerniera' per dare accesso agli edifici vicini: Piazza d'Oro, Palazzo Imperiale, Edificio con Peschiera.
Poteva anche servire per esporre una collezione di sculture o di oggetti preziosi. Purtroppo non abbiamo nessuna informazione sugli scavi che possa fornire qualche indizio.
Marina De Franceschini, «I marmi architettonici di Villa Adriana "murati per le case di Tivoli"» in Marmora 15, 2019, pp. 123-154.
Marina De Franceschini, Villa Adriana. Mosaici, pavimenti, edifici. Roma 1991, pp. 134-139 and 417-421.