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VILLA ADRIANA. LE CARIATIDI DEL CANOPO

Assieme al Teatro Marittimo, il Canopo è l’edificio-simbolo di Villa Adriana, uno dei più noti e fotografati. È preceduto da un bacino d’acqua detto Euripo, lungo 111 metri e largo 18, che è stato scavato nel banco di tufo.
In fondo all’Euripo si vede l’edificio vero e proprio, il cosiddetto Serapeo, che ha una sala principale coperta da una grandiosa cupola a spicchi, circondata da ninfei e vari ambienti. Era uno spettacolare triclinio estivo, destinato ai banchetti ufficiali dell’imperatore, che si svolgevano di sera, al fresco, con le suggestive fiamme delle torce che si riflettevano nel bacino d’acqua antistante.

Gli scavi antiquari condotti da Pirro Ligorio nel Cinquecento, dai Gesuiti nel Settecento e dall’architetto francese Louis Sortais nell’Ottocento si concentrarono tutti sul Serapeo, che era l’unica struttura visibile. Si rinvennero sculture egizie in marmo nero, fra le quali un’erma con Iside da un lato ed il toro Api dall’altro, che oggi sono nei Musei Vaticani a Roma.

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Il bacino dell’Euripo rimase invece completamente interrato fino agli anni 1951-1955, quando fu scavato da Salvatore Aurigemma, riscoprendo il lungo canale scavato nel tufo, il cui rivestimento in marmo bianco era stato asportato già nell’antichità.
Sul fondo del canale, sul lato maggiore, furono rinvenute quattro statue di Cariatidi e due di Sileni canefori (cioè con una cesta sul capo). Sul lato corto a semicerchio si rinvennero altre sculture, fra le quali due Amazzoni, il Tevere ed il Nilo. Oggi sono tutte nel Museo della Villa, e all’esterno sono state sostituite da copie.


Le Cariatidi sono uguali a quelle dell’Eretteo di Atene, e siccome erano meglio conservate hanno permesso di ricostruire dettagli mancanti di quelle originali: la capigliatura, le mani che ancora reggevano le patere, la pettinatura ed il panneggio. Solo una di esse aveva ancora il capitello con ovoli sul capo.
È interessante notare che altre copie delle Cariatidi esistevano nel Foro di Augusto a Roma, dove decorazione dell’attico dove si alternavano a grandi scudi rotondi; una di esse si trova nel Museo dei Mercati di Traiano a Roma.

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Collocando le copie delle Cariatidi nella sua Villa, l’imperatore Adriano volle ricordare quelle del Foro di Augusto: era un modo di sottolineare il suo rapporto con il Augusto, del quale si proponeva come ideale continuatore. Come lui aveva cercato di limitare le guerre di conquista e rendere sicuri i confini; come lui aveva promosso importanti opere pubbliche, costruendo o restaurando templi, come fece ad esempio con il Pantheon. Era una forma di propaganda imperiale che celebrava le virtù dell’imperatore.

I due Sileni sorreggono un cesto con frutti e grappoli d’uva, che allude al dio del vino, Dioniso. Assieme alle Menadi, ai Satiri e ai Centauri, i Sileni facevano parte del Corteo dionisiaco. Sculture di soggetto dionisiaco sono state rinvenute nell’Accademia di Villa Adriana, che si trova sulla Spianata omonima al di sopra del Canopo: i Centauri in marmo bigio morato ed il Fauno in marmo rosso, nonché una statua di Dioniso fanciullo. Nel nostro libro «Villa Adriana. Architettura Celeste. I segreti dei Solstizi» spieghiamo in dettaglio il significato simbolico di queste sculture e dell’Accademia stessa.

Anche le statue di Cariatidi possono essere collegate al culto di Dioniso, perché Caria (la figlia del re della Laconia dalla quale prendono il nome) venne trasformata da Dioniso in un albero di noce e nei Misteri Eleusini le sacerdotesse danzavano attorno ad un albero di noce.

Il rinvenimento delle Cariatidi avvenne pochi anni prima di quelle di Ulisse che acceca Polifemo nella Grotta della Villa di Tiberio a Sperlonga, che risale al 1957. In entrambi i casi oltre al clamore mediatico, prevalse un approccio antiquario e ottocentesco, e le pubblicazioni si concentrarono soprattutto sulle sculture trascurando l’architettura.
Lo scavo dell’Euripo avrebbe potuto essere il primo scavo ‘moderno’ e ben documentato, dare informazioni preziose sulla stratigrafia e la datazione, sulle fasi di abbandono della villa. Invece è poco documentato, anche negli archivi della Soprintendenza.

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